venerdì 16 luglio 2021

A proposito di Prove Invalsi

Introduzione 

Dopo la pubblicazione degli ultimi risultati delle prove INVALSI si sono scatenate sui social le critiche a questo strumento utilizzato per fare il punto della situazione a proposito del sistema scolastico italiano. Le critiche più diffuse sono legate al fatto che sarebbe proprio la scuola “INVALSIzzata” le causa di questi risultati. Un’altra critica è legata al fatto che non si può parlare di personalizzazione dell’apprendimento se poi si usano prove standardizzate. Io provo a capire se è davvero così.

Cosa sono

Prima di entrare nel merito, vorrei partire da una descrizione di cosa siano le prove INVALSI.

Sono uno strumento standardizzato che serve per verificare il livello degli studenti italiani in italiano, matematica ed inglese. Wikipedia recita “Il loro scopo è valutare, in alcuni momenti chiave del ciclo scolastico, i livelli di apprendimento di alcune competenze fondamentali in Italiano, in Matematica e in Inglese che la normativa prevede siano possedute da tutti i ragazzi. In base all’elaborazione dei risultati delle prove sono ottenute indicazioni per la valutazione a livello di classe, di istituto, regionale e nazionale”. Alla parola VALUTARE io sostituirei VERIFICARE perché non viene, in realtà, valutato nessuno, se non il sistema nel suo insieme. Non vengono valutati gli studenti, da quando per fortuna la valutazione nelle prove INVALSI della classe terza della scuola secondaria di primo grado, ha smesso di incidere sul voto dell’esame; non vengono valutati gli insegnanti: nessuno di noi da quando esistono le prove INVALSI ha mai avuto un problema causato dallo scarso rendimento dei propri studenti in queste prove. Non vengono valutati i dirigenti. Ad essere valutato è il sistema in generale. Cosa sono allora le prove INVALSI? Sono paragonabili ad un termometro che indica la temperatura corporea. Un termometro che nel corso degli anni si è perfezionato ed è diventato sempre più preciso. Come il termometro mi dice solo se c’è o non c’è la febbre anche le prove INVALSI indicano l’esistenza di una serie di problemi, senza però dare indicazioni sulle loro cause o sulla loro soluzione.

 “INVALSIzzazione” della scuola?

Da quando esistono le prove INVALSI, di anno in anno e gratuitamente per chi lavora nella scuola, ci hanno informati sulla situazione delle nostre classi e sul livello degli apprendimenti dei nostri studenti. Ma cosa può voler dire che la scuola oggi dovrebbe essere “INVALSIzzata”? Questo non lo so. Come potrebbe essere “INVALSIzzata” la nostra scuola? Potrebbe essere “INVALSIzzata” se ogni anno i vari insegnanti, dipartimenti, consigli di classe e collegi dei docenti prendessero in considerazione i dati degli anni precedenti, li studiassero, facessero delle ipotesi di intervento e modificassero poi il proprio modo di insegnare e lavorare in funzione dei risultati ottenuti. Ma io ho avuto modo di constatare che le scuole che hanno considerato e analizzato i dati degli anni precedenti siano state e siano molto poche e, ancora meno, quelle che hanno proposto ai propri docenti di produrre dei cambiamenti da apportare alla propria didattica dell’italiano, della matematica o dell’inglese. Possiamo concludere allora che non si possa parlare di una scuola “INVALSIzzata”. Come abbiamo detto prima, le prove INVALSI ci mostrano una situazione che non può essere creata da esse. Un termometro serve per dire se c’è o meno la febbre, non certo per curarla. Il termometro poi non fa venire la febbre. Non si può parlare di scuola “INVALSIzzata” così come non si può parlare di febbre “TERMOMETRIzzata”.

Personalizzazione dell’apprendimento

Altri criticano le prove INVALSI perché, dicono, non si può valutare in modo standardizzato uno studente che è (o meglio dovrebbe essere) formato in modo personalizzato. Anche qui io intravedo un errore di prospettiva. Il termometro, uguale per tutti, mi dice che c’è la febbre, ma non mi dice quali ne siano le cause o come curarla. Obiettivo del termometro è fornire un’informazione, la personalizzazione non è nello strumento, ma nella cura. Risolto il grave problema legato al fatto che si utilizzavano le INVLASI di terza media per valutare, esse poi sono sempre state usate come termometro. Personalizzare significa che so che devo portare i miei studenti ad un livello minimo; come ce li porto è un problema mio. Io so che per il termine del primo ciclo, del biennio delle superiori, del quinto anno delle superiori devo portare i miei studenti ad un livello comune e condiviso indispensabile per diventare dei cittadini consapevoli; la personalizzazione sta nel come lo faccio, nel percorso che progetto per ognuno di essi. Il termometro mi dice che ci sono persone che hanno la febbre e l’obiettivo è che tutti siano sfebbrati, io so che non posso usare la tachipirina per tutti; so anche che posso portare il 99% della popolazione a raggiungere l’obiettivo.

Di cosa sono fotografia

Come ogni anno possiamo perciò continuare a nascondere la testa di fronte ai risultati di queste prove, oppure possiamo cominciare a chiederci se i risultati non siano sintomo di qualcosa di più grave; possiamo continuare prendercela col termometro oppure possiamo cominciare a chiederci quali siano le cause della febbre. Se avessimo il coraggio di andare più in profondità, soprattutto nella scuola superiore, ci accorgeremmo che il problema non è il termometro che utilizziamo, ma il nostro modo di curare. Il giorno in cui si dovesse aprire un dibattito serio su questo argomento, proverò a dire la mia.

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lunedì 5 agosto 2019

Come costruire apprendimenti profondi con una didattica che, non abbassando la qualità, aumenti il numero di studenti che raggiungono gli obiettivi minimi

1. Fornire Feedback all'insegnante
2. Lavorare sui modelli
3. Fornire Feedback ai compagni
4. Quali tipologie di compito

4.      Quali tipologie di compito

Come avremo già compreso tutto gira attorno ad un compito da svolgere.
Si fanno domande, si forniscono feedback, si costruiscono rubriche di valutazione; tutto in relazione ad un prodotto che deve essere realizzato. Un compito che deve essere complesso e significativo per la disciplina, per l’insegnante e per lo studente.
Wiggins e McTighe (2004) ci vengono in aiuto dicendoci che può essere utile proporre compiti che chiedano agli studenti di spiegare, interpretare, applicare, avere prospettiva, empatizzare, manifestare autoconoscenza.
Posso chiedere di ripetere a pappagallo ciò che hanno appreso oppure, per essere più efficace, posso chiedere di trovare le parole giuste, per spiegare e far comprendere quanto appreso al loro compagno assente. Il ragionamento messo in gioco è completamente diverso e diverso sarà il prodotto che io mi devo attendere dal mio studente. Nel primo caso io mi attendo che sia veloce, che usi le mie o le parole del libro, che abbia già tutto in testa secondo una sequenza spiegata in classe; nel secondo mi devo invece attendere che proceda lentamente, guardando in faccia l’interlocutore, con parole proprie ed esempi personali, con rimandi al libro di testo o a materiali portati da casa; mi attendo infine una riorganizzazione dei contenuti del tutto personale e diversa da quella presentata dal sottoscritto durante la spiegazione.
Come possiamo intuire i criteri di qualità delle due prestazioni sono molto diversi e orientano lo studente ad ascoltare la lezione e a studiare a casa in modo opposto. La tipologia di compito orienta l’apprendimento. In un caso avremo un apprendimento meccanico, forse più facile da valutare, ma poco significativo; nel secondo caso saremo sulla strada per la costruzione di un apprendimento significativo in grado di incidere sulla memoria a lungo termine dei nostri studenti.

COME
Diventa allora di fondamentale importanza lavorare sui compiti da proporre ai propri studenti, partendo dalle conoscenze, dalle abilità, dagli atteggiamenti e dalle competenze che si vogliono sviluppare.
Io posso entrare in classe e spiegare l’entrata in guerra dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale o posso entrare in classe e dire: Dobbiamo preparare un dossier che aiuti i nostri compagni della classe parallela a comprendere quale fu la reazione degli austriaci alla dichiarazione di guerra dell’Italia, suo alleato, il 23 maggio del 1915. Le conoscenze che arrivo ad attivare sono esattamente le stesse, ma contemporaneamente sviluppo empatia e rielaborazione delle informazioni. Non abbasso le mie attese, le rendo più chiare.

EFFETTI
Se entro in classe e mi limito a spiegare chiedendo di ripetere saranno sufficienti le informazioni presenti sul libro e quanto detto a lezione, se invece chiedo di preparare un dossier, ci sarà bisogno di cercare materiali nuovi (es. articoli di giornali austriaci), diventerà necessario organizzarli in modo da attirare l’attenzione dell’interlocutore e gestirli in modo efficace anche dal punto di vista grafico. Il primo compito rende lo studente passivo, il secondo lo rende invece attivo.
Se la motivazione è una delle molle che spingono ad apprendere sicuramente, nel secondo caso, mi troverò ad organizzare il lavoro di studenti più motivati.

Conclusioni

Con questo articolo ho cercato di parlare di argomenti che sono studiati da anni. Spero di aver contribuito a divulgarli senza cadere nel pericolo della banalizzazione. In bibliografia è possibile trovare testi su cui approfondire molte delle tematiche affrontate.
Il mio obiettivo era di dimostrare che è possibile diminuire il numero di bocciature senza diminuire il livello in uscita dei propri studenti, che l’insegnante che si pone un simile scopo non è un sognatore.
Per raggiungere traguardi simili però non bastano passione e creatività, ci vogliono metodo e rigore.

lunedì 29 luglio 2019

Come costruire apprendimenti profondi con una didattica che, non abbassando la qualità, aumenti il numero di studenti che raggiungono gli obiettivi minimi

1. Fornire Feedback all'insegnante
2. Lavorare sui modelli
3. Fornire Feedback ai compagni
4. Quali tipologie di compito

3.      Fornire feedback ai compagni

Dopo aver costruito un ambiente di apprendimento all’interno del quale gli studenti vengono messi nella condizione di fare domande e di identificare i criteri di qualità del compito che devono svolgere, si arriva ad una fase in cui può diventare fecondo per il loro apprendimento attivare una serie di momenti in cui si forniscono consigli di miglioramento a vicenda, quella che gli esperti chiamano la fase del fornire feedback ad uno o più compagni.
David Nicol in numerose pubblicazioni (una di esse è nella bibliografia che verrà inserita al termine del quarto contributo) parla di feedback formativo e generativo. Cosa ha identificato Nicol con le sue ricerche? Che uno studente, se guidato da buoni modelli (exemplar) e da buone rubriche di valutazione, apprende in modo più profondo fornendo un feedback derivante dall’analisi del lavoro di uno o più compagni, di quanto non riuscirebbe a fare ricevendo feedback dall’insegnante.
Non è che l’insegnante deve smettere di lavorare, ma deve orientare la propria attività e i propri sforzi in direzioni diverse da quelle definite dal copione spiegazione-domande-rinforzo. Come già accennato, l’insegnante deve cercare Modelli, portare la classe a costruire Rubriche, mette gli studenti nelle condizioni di ritenere vantaggioso il Collaborare.

COME
Facciamo un esempio concreto.
Se la classe ha come compito finale quello di scrivere una storia di bullismo con focalizzazione interna variabile, l’insegnante, dopo aver fatto leggere dei testi modello e aver fatto estrapolare i criteri di qualità di quei testi che verranno riportati come indicatori sulla rubrica di valutazione, dopo aver anche definito con la classe i descrittori della rubrica, può a questo punto chiedere ai suoi studenti di esercitarsi scrivendo una pagina di quel testo. Al termine ognuno dovrà fornire consigli a tre compagni sulla base di quanto contenuto nella rubrica costruita assieme.
Esistono molte piattaforme che facilitano queste operazioni e che mantengono addirittura anonimo l’autore della prova che deve essere corretta (questo per evitare il cosiddetto effetto Pigmalione). Quella usata dal sottoscritto è Peergrade.io e consente anche di inserire, a fianco dei testi che compaiono sullo schermo del correttore, anche delle mini rubriche con i criteri che devono essere considerati. La piattaforma è in grado anche di valutare la qualità del contributo fornito da ciascuno.
Dopo aver fornito feedback ogni membro della classe deve essere invitato a migliorare il proprio testo sulla base delle nuove idee emerse mentre venivano dati consigli ai compagni.

EFFETTI
I risultati che ho avuto modo di osservare sono di considerevole importanza. Studenti che nella fase individuale avevano scritto una sola riga, dopo aver dato consigli a tre compagni sono arrivati a produrne quindici di buona qualità. Cosa significa? Che quello studente, se non avesse lavorato con questa modalità, nella verifica finale avrebbe scritto una sola riga e avrebbe preso 3 o 4. In questo modo, non sono arrivato a dargli 6 perché ho abbassato i miei livelli di tolleranza ma perché, lavorando in classe in modo diverso, non si è perso per strada ed è riuscito a raggiungere i livelli minimi previsti per quella classe, per quella prova e per quella disciplina.

giovedì 25 luglio 2019

Come costruire apprendimenti profondi con una didattica che, non abbassando la qualità, aumenti il numero di studenti che raggiungono gli obiettivi minimi

1. Fornire Feedback all'insegnante
2. Lavorare sui modelli
3. Fornire Feedback ai compagni
4. Quali tipologie di compito


2.      Lavorare sui modelli

Nella prima parte di questo articolo si è detto che il micro-compito realizzato degli studenti deve essere valutato sulla base di una rubrica di valutazione condivisa con la classe. Ma come si arriva a costruire questa rubrica di valutazione?
Il percorso deve essere rigoroso e preciso, per consentire anche agli alunni meno dotati o meno motivati di arrivare a maturare una competenza di valutazione e di autovalutazione e per mettere i più autonomi nelle condizioni di ragionare sulla efficacia di azioni che già mettono in atto in modo inconsapevole.

COME
Ogni volta che si introduce un compito o un micro compito nuovo è opportuno proporre degli esempi concreti di quel compito (àncore, exemplar, modelli).
Se chiedo di realizzare una presentazione digitale porterò ai miei studenti almeno tre presentazioni digitali; lo stesso devo fare con le poesie, con le relazioni scientifiche, con i disegni tecnici.
Possono diventare micro compiti e quindi modelli, anche momenti importanti intermedi come la progettazione (lo storyboard di una presentazione digitale fatto a matita, il progetto per punti di una relazione scientifica, le fasi preparatorie di un disegno tecnico), la rielaborazione, la correzione.
I tre modelli proposti non devono essere perfetti, possono invece essere ad un livello di qualità differente.
A questo punto si chiede agli studenti di identificare, prima individualmente e poi in piccoli gruppi, i criteri di qualità che stanno alla base dei prodotti proposti loro e analizzati.
[E qui è opportuno specificare quello che deve essere il lavoro preliminare dell’insegnante:
a. deve aver identificato con i colleghi del suo dipartimento la relazione che ci deve essere tra il compito che si intende proporre e le conoscenze, abilità e competenze che si intendono sviluppare grazie ad esso;
b. deve aver identificato con i colleghi del suo dipartimento i criteri di qualità del compito che ha intenzione di proporre alla classe;
c. deve aver trovato modelli utili per favorire una discussione in classe che faccia emergere quei criteri.
Se uno dei criteri di una presentazione digitale è utilizzare caratteri sufficientemente grandi da essere letti anche dall’ultima fila dell’aula, e poi presentiamo tutti materiali con caratteri formato 10 o 11, è difficile che gli studenti da soli facciano poi emergere quel criterio.
]
Che caratteristiche devono avere i tuoi appunti per esserti utili nello studio? Che caratteristiche deve avere la tua relazione per essere interessante e utile ad un tuo compagno della classe parallela? Che caratteristiche deve avere la tua presentazione digitale? Ricavale dagli esempi che ti vengono proposti, discutine con i compagni e al termine proponi al prof. le tue conclusioni.
L’insegnante poi confronta le conclusioni della classe con quelle da lui raggiunte con i colleghi e, orientando il dialogo, fa emergere ciò che eventualmente non è stato colto. A questo punto, le conclusioni definitive diventeranno gli indicatori della rubrica di valutazione di quel compito specifico.
Gli studenti a questo punto non solo sanno cosa devono fare ma anche come lo devono fare.

EFFETTI
Conoscere il cosa e il come, non perché gliel’ha detto il professore, ma perché ci sono arrivati da soli (per quanto il procedimento sia stato progettato del prof.) aiuta i ragazzi (anche quelli più in difficoltà) ad interiorizzare procedure, obiettivi e criteri di qualità. Consente a tutti di avvicinarsi al modello migliore analizzato e rende praticamente impossibile la realizzazione di prodotti lontani da quelli che possono essere considerati gli obiettivi minimi pensati per quella disciplina, per quel prodotto, per quella classe.
Se io dico ad un gruppo di ragazzi CAMMINATE, potrà accadere anche che si disperdano in direzioni diverse ed opposte; se invece li invito a raggiungere un preciso rifugio alpino, tutti cominceranno a muoversi nella direzione prevista, ognuno con la sua velocità, ma certamente ognuno sarà nelle condizioni di dare il massimo delle proprie possibilità e di raggiungere la meta.