Perché gli insegnanti non vengono valutati?
Noi insegnanti, in Italia, facciamo parte di una “casta” molto variegata dal punto di vista degli interessi delle competenze e delle aspirazioni.
Siamo insegnanti di scuola dell’infanzia, di scuola primaria (elementari), di scuola secondaria di I grado (medie) e di scuola secondaria di II grado (superiori).
Alcuni tra noi amano il loro lavoro, si formano, si mettono in discussione e cercano la collaborazione dei colleghi, altri fanno il loro dovere senza concedere nulla ad attività che vanno al di là dell’orario di lavoro, altri ancora arrivano ad essere addirittura dannosi per i propri studenti e per la struttura in cui lavorano.
Tutti percepiamo il medesimo stipendio.
Tutti ci lamentiamo perché percepiamo uno stipendio che non ha nulla di dignitoso, ma poi, quando vengono fatte proposte di modificare la retribuzione in base al merito cadono ministri se non governi.
Noi insegnanti, in generale, vorremmo uno stipendio più alto senza però nessun controllo sul nostro operato. Vorremmo il solito intervento a pioggia che dovrebbe coinvolgere tutti, sia quelli che lavorano benissimo, che quelli che lavorano bene, malino e male.
Semplicemente non riteniamo giusta una valutazione del nostro operato. La discussione negli ultimi anni infatti non si è nemmeno aperta; non si è perciò nemmeno giunti a discutere sul come valutare, perché da parte nostra si pensa che valutare un insegnante voglia dire andare contro la libertà dell’insegnamento.
Si è arrivati così al paradosso che proprio chi è più contrario alla scuola privata adotta una modalità privatistica di insegnare, tanto privata da portare la scuola statale a non essere più la scuola della comunità in cui è inserita, ma la scuola del singolo insegnante che usa modalità e metodi diversi, se non opposti, rispetto al collega che entra nella stessa classe l’ora successiva.
Molti di noi infatti confondono libertà e arbitrio; essere liberi infatti non significa fare tutto ciò che si vuole senza alcun controllo.
Noi teniamo molto alla nostra libertà di insegnamento, ma poi quando un collega la utilizza in modo arbitrario, magari con i nostri figli, comincia a darci molto fastidio e allora interveniamo, protestiamo e ci scontriamo con l’assurdità del sistema che anche noi, come insegnanti, sosteniamo.
E allora perché non ammettere che anche noi dovremmo essere valutati?
Perché non arrivare a spostare la discussione sul come?
Sarebbe un passo in avanti importantissimo che permetterebbe di tendere verso una scuola di qualità in cui ci sarebbe anche la possibilità di uno stipendio dignitoso per gli insegnanti.
seguePaolo Scorzoni
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