Daniel Pennac, a pagina 212 dell'edizione italiana del suo Diario di scuola, pubblicato da Feltrinelli nel 2008 e qui a fianco riportata, descrive il BRAVO INSEGNANTE come colui che NON MOLLA MAI, come colui che non si lascia ingannare dalle ammissioni di ignoranza dei suoi studenti, come colui che cerca sempre nuove strategie per coinvolgere chi si trova maggiormente in difficoltà.
Pennac mi ha fatto riflettere; cooperative learning, unità di apprendimento e insegnamento per competenze non devono essere il fine dell'insegnamento ma ciò di cui il bravo insegnante va in cerca per riuscire a non abbandonare nessuno.
Non è colui che padroneggia un metodo o una disciplina alla perfezione e poi si dimentica dei propri studenti.
Forse è su questa idea di scuola che ci si dovrebbe confrontare.
E' vero o no che dobbiamo lavorare per non perdere nessuno per strada? E' vero o no che noi insegnanti non dobbiamo nasconderci dietro all'alibi della famiglia o della società disastrate? E' vero o no che non dobbiamo dimenticare l'importanza formativa delle nostre discipline?
Se siamo in ricerca, se siamo preoccupati per un nostro studente in difficoltà, se pensiamo sia giusto tentare in tutti i modi di agganciarlo ad una vita scolastica piena di possibilità, se cerchiamo qualcosa che ci aiuti a perseguire questi obiettivi, allora il cooperative learning può diventare un potente strumento di inclusione; se invece siamo in cerca di tecniche che ci consentano di rimanere sempre uguali a noi stessi, allora (parafrasando Gaber) non abbiamo nessuna possibilità di diventare insegnanti, ma solo involucri di insegnanti, che non arriveranno mai al cuore dei loro studenti.
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